Immagine di repertorio tratta dal web |
L'EDITORIALE (di Luisa Todisco) - L’Italia si sveglia all’alba del 5 dicembre, a margine di una
battaglia referendaria che non ha risparmiato colpi. L’Italia si risveglia,
senza dubbio acciaccata, massacrata, bombardata da una politica che ha perso in
coerenza, ma ha guadagnato in demagogia, populismo e “mi piace” sui social
network. L’Italia del web ha vinto.
Una
politica, non legata dall’unicità degli
obiettivi, ma saldata, di certo, dall’odio sviscerato contro la personificazione
dello scontento popolare, ha avuto la meglio.
Ora in nostro bel Paese può iniziare a tirare
le somme. Era un referendum sulla riforma costituzionale, ma non solo. Questo
giustifica la violenza che è straripata da ogni discorso, da ogni dibattito, da
ogni “post” o “twitt” cliccato sulla tastiera. La propaganda fatta e vissuta
direttamente dal proprio divano è quella del 2016, un proselitismo in pigiama e
pantofole, insomma. Addio alle belle vecchie apecar da cui gli attivisti,dotati
di megafono, incitavano gli italiani a scegliere tra la Repubblica e la
Monarchia.
La vittoria del Sì avrebbe cambiato definitivamente gli scenari
politici costringendo molti personaggi ad abbandonare la loro poltrona: Massimo
D’Alema, Silvio Berlusconi, Pier Luigi Bersani, Renato Brunetta sono solo alcuni
dei nomi che probabilmente il popolo italiano non avrebbe sentito più
pronunciare; ciò spiega l’accanimento e la decisione di “unire le forze”con
Lega e M5S, contro il nemico comune, pur avendo radici politiche diverse( la
vera spina nel fianco di questa vittoria).
Il Sì garantirà alla “terza”
Repubblica di resistere ancora qualche anno, prima che il Movimento 5 Stelle
non si garantisca la maggioranza dei consensi popolari. Ed ora, in effetti, gli
occhi sono tutti puntati sulla Casaleggio associati. Potrebbero rischiare di
smettere troppo presto di “fare
comunicazione di massa” e dover assumersi la responsabilità di governare. Due
strade, di certo, diametralmente opposte, visto che al contagio popolare (o
populista, che dir si voglia) bisogna poi includere l’avviamento di un
programma di governo che si basa sul consenso parlamentare e non sulla rivolta
del No. Oggi gli oppositori, i rivoluzionari, i garantisti della Costituzione
dovranno sedersi a un tavolo e unire i loro programmi “alternativi” a quello del
premier dimissionario. E già le posizioni si dividono su temi quali
l’immigrazione, la moneta unica e l imprenditoria. Le dimissioni di Matteo
Renzi calano il Paese in una nuova incertezza economica e sarà difficile, per
chi assumerà l’onere di formare un
governo tecnico (almeno fino alle prossime elezioni) prendere in mano le redini
del sistema. Occorrerà un dialogo con le banche, la Comunità Europea, e i
poteri forti, organismi bersagliati dai propagandisti del No. Sarà interessante
osservare le decisioni che l’eterogeneo gruppo “Salva - Costituzione” prenderà
su temi che fino ad oggi sono stati
“condivisi” come il cancro del Paese, dimenticando un debito che
L’Italia ha proprio con questa Europa che ci ha salvato dal collasso economico.
“Oneri e onori” ha ripetuto il Presidente del Consiglio uscente, oneri e onori
spettano ai successori che democraticamente hanno avuto la maggioranza dei
consensi vincendo, senza ombre di dubbio, sul cambiamento.
Non può passare, a
mio avviso, inosservata la metodologia propagandistica che ha dominato gli
scenari in questi mesi: la politica dell’Uno vale Uno, l’appropriazione da
parte del Popolo Italiano del diritto “non
Costituzionale” di giudicare, massacrare, lapidare con un semplice click
sulla tastiera qualsiasi personaggio a lui sconveniente. I video, che
osannavano la capacità di zittire, distruggere, eliminare in pochissimo tempo
gli avversari politici, sono stati
innumerevoli sui social network e
acquisivano migliaia di condivisioni, di consensi, di “mi piace”.
Questo
particolare e nuovo fenomeno sociologico dovrebbe farci riflettere sul rischio
di perdere attenzione e capacità riflessiva e assorbire come una spugna
messaggi, di certo più immediati, ma non sempre attendibili e veritieri. Il
popolo italiano sarà evidentemente stanco di non riuscire ad arrivare a fine
mese, combattere la precarietà del
lavoro, la malasanità, la povertà, ma, di certo, non dovrebbe mai stancarsi di
ragionare, riflettere, pensare con la propria testa senza perdere in dignità e
coerenza. Parlare con la propria voce e non affidarsi alla semplice
condivisione di un post.
Accontentarsi
dell’ombra della realtà e non della realtà stessa, avrebbe detto un Platone
post moderno catapultato nel XXI sec. Il rischio è cadere in una sconosciuta
forma di dittatura intellettuale, dove l’oppresso chiuso inconsapevolmente in
una caverna digitale crede di vivere libero, ma rimane incatenato all’apparenza
spacciandola per conoscenza. E’ forse questo il rischio più grave per questo
nostro nuovo bel Paese. W l’Italia, W gli italiani allora, quelli che scelgono
in libertà, non dimenticano la storia e dicono No, questa volta, alla
globalizzazione del pensiero.