CELLOLE
(Matilde Crolla) – Cellole ancora una volta accoglie alte cariche della
magistratura. Dopo Cesare Sirignano, al quale il sindaco Barretta ha conferito
la cittadinanza onoraria, e Catello Maresca fortemente voluto dal ‘Comitato
Civico Cellolese’ ed amico di Guido Di Leone, ieri è stata la volta di Giovanni
Conso. In un auditorium pieno di cariche istituzionali, di forze dell’ordine ma
anche di tanti cittadini, in piazza Aldo Moro il giornalista e scrittore
Fabrizio Capecelatro ha presentato insieme al presidente dell’Associazione
Nazionale Carabinieri in Congedo sezione di Cellole, Pietro Lissa, il suo
ultimo libro dal titolo ‘Il sangue non si lava’. “Quando ho saputo della
pubblicazione del libro non ho potuto fare a meno di pensare che mi sarebbe
piaciuto presentarlo anche a Cellole, vista la stima che ho di Fabrizio e l’affetto
che mi lega al pubblico ministero Conso”, ha esordito così l’organizzatore
della manifestazione, Pietro Lissa, da sempre sensibile alla promozione e
valorizzazione di iniziative che hanno come fine principale la legalità. Nel
parterre dei relatori, insieme a Pietro Lissa e a Fabrizio Capecelatro che ha
anche moderato la presentazione, anche il Questore di Caserta Borrelli, il
procuratore aggiunto di Santa Maria Capua Vetere, Antonio D’Amato, il pubblico
ministero della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, Giovanni Conso, don
Lorenzo Langella, parroco di Cellole e vicario episcopale della legalità per la
Diocesi di Sessa Aurunca. Nel pubblico vi erano il sindaco di Cellole Barretta
accompagnato dal presidente del consiglio comunale, Marianna Freda, e dall’assessore
all’Istruzione, Alexia Russo, il sindaco di Roccamonfina, Carlo Montefusco, il
sindaco di Conca della Campania Alberico, i consiglieri comunali di 'Generazione Aurunca' e del 'Comitato Civico Cellolese' rispettivamente nella persona di Alberto Verrengia, Guido Di Leone, Rossella Cappabianca,
Armando Calenzo, il presidente del Comitato Civico Cellolese, Carmine Freda, il
segretario del Circolo Angelo Vassallo, Filippo Ianniello, l’imprenditore
Antonio Picascia, l’assistente sociale e titolare della cooperativa ‘Al di là
dei sogni’, Simmaco Perillo, e tante autorità militari accompagnate dai membri
dell’Associazione Nazionale Carabinieri in Congedo. “Il messaggio di questo
libro è molto importante- ha dichiarato Borrelli-. Ci si chiede: a cosa possano
servire le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia. Dal racconto di un
pentito l’autore è riuscito a mettere in luce che essere dalla parte sbagliata
nella vita non va bene e col tempo si paga. Quello che si sottolinea è che
viene a mancare l’amore di un figlio, la cui vita ci sfugge di mano, l’amore di
un fratello che non riuscirà neanche a vedere morire. Viene smascherato un
mondo di ricchezza, dove il potere stesso col tempo diventa effimero”. Un
ringraziamento alle forze dell’ordine e all’impegno che mettono ogni giorno per
la legalità è stato rivolto dal procuratore D’Amato: “La memoria deve
rappresentare l’essenza della realtà, iniziative come questa servono a togliere
dall’oblio eventi che non vanno assolutamente dimenticati. Solo sul ricordo si
sviluppa una nuova identità sociale. Per debellare la mafia e il male non basta
l’azione giudiziaria, ma occorre molto di più. Anche iniziative come questa”.
Don Lorenzo Langella si è soffermato sul concetto di ‘pentimento’. “Bisogna
distinguere il pentimento dalla collaborazione con la giustizia. Il pentimento
è qualcosa di più profondo che riguarda l’animo umano. Credo che dopo aver
compiuto tutto questo male, dopo aver assassinato decine di persone non possa
esserci pentimento vero”. Ma don Lorenzo si è soffermato anche sul ‘terrorismo
locale’ e con un chiaro riferimento manzoniano ha parlato del ruolo dei ‘bravi’
rispetto al don Rodrigo della situazione. “Per smantellare il sistema della criminalità
organizzata bisogna partire dal basso e cercare di arginare e poi distruggere
la mentalità del terrorismo locale, del voto di scambio, della logica della
morte e del ricatto. Sono importanti iniziative come queste e ben vengano altre”.
Don Lorenzo ha ricordato come proprio il mese di giugno sia stato aperto nel
territorio con la visita di don Ciotti presso il bene confiscato, grazie all’azione
sociale che porta avanti da anni Simmaco Perillo e la sua cooperativa. Lo
stesso pm Conso ha ringraziato Simmaco che da anni si impegna per il rispetto
della legalità. “Tanti anni fa Simmaco Perillo dedicò un bene ad Alberto
Varone, un edicolante di queste zone che faceva una vita di sacrifici e che
ebbe il coraggio di dire di no alla camorra, a Mario Esposito e che per questo
fu assassinato nel ’91- ha dichiarato Conso-. La camorra in queste zone ancora
c’è, vengono ancora consumate le estorsioni, perché lì dove c’è ricchezza, lì
dove ci sono interessi economici la camorra si organizza”. Giovanni Conso si è
poi soffermato a parlare del pentimento di Domenico Bidognetti, dalle cui rivelazioni
ne è nato il libro. Il pubblico ministero ha spiegato le motivazioni del suo
pentimento, di come abbia dovuto pagare sulla pelle dei suoi familiari le
conseguenze con l’uccisione del padre, ed il rinnegamento della madre, della
moglie e dei figli. Ha parlato della sua lenta ed efficace conversione. E’
intervenuto poi Fabrizio Capecelatro che ha spiegato le motivazioni che lo
hanno spinto a scrivere il libro. Ha voluto ricordare un’avvocatessa di
Montepulciano che Domenico Bidognetti ha voluto come suo difensore e che,
nonostante le difficoltà, ha accettato pur venendo messa sotto scorta. “Io
credo che quest’avvocatessa sia un simbolo ed un esempio per tutti noi”, ha
dichiarato l’autore. A concludere i lavori è stato il sindaco Barretta che ha voluto
ricordare nel suo intervento la figlia di un boss della ndrangheta calabrese
che poco tempo fa si è uccisa per non essere riuscita ad uscire dal ‘sistema’. “C’è
bisogno di partecipazione attiva della società, dell’associazionismo e della
politica che non devono assolutamente lasciare soli coloro che si battono per la
legalità. Cellole è un paese giovane- ha continuato Barretta-. A differenza del
trend nazionale nella nostra città ci sono molte più nascite che decessi. Ma
abbiamo una piaga: la droga di cui fanno uso anche i giovanissimi. Bisogna
distruggere questo fenomeno e per fare questo è importante che i giovani
partecipino alla vita attiva della città”. IN BASSO IL VIDEO DI GIOVANNI CONSO CHE RACCONTA LE MOTIVAZIONI DEL PENTIMENTO DI DOMENICO BIDOGNETTI