CELLOLE
(Matilde Crolla) – A quasi quindici giorni dall’omicidio di Giuseppe Capraro,
il suo aguzzino Giovanni Calenzo si trova ancora ricoverato in ospedale,
piantonato dagli agenti della polizia penitenziaria. Giovanni Calenzo ha
problemi di salute ed in questo momento le sue condizioni non sono compatibili
con la vita carceraria. Intanto, la villetta di via Mazzini è ancora chiusa,
posta sotto sequestro nel giorno stesso in cui si è consumata la tragedia.
Albina e la figlia Debora sono ospiti di un’amica. Il dolore accompagna le
giornate di Albina. La sarta di Cellole ancora non riesce a farsi una ragione
di quanto accaduto e ha solo impressi davanti agli occhi e nella mente quei
drammatici momenti, attimi in cui Giuseppe ha perso la vita in maniera così
atroce per salvarla. Dovevano trascorrere una giornata piacevole quel sabato
mattina. Dovevano recarsi a Roma alla cresima della nipote di Albina. Giuseppe
si era svegliato alle sette insieme alla sua compagna perché voleva andare
presto dal barbiere, prima che il salone si affollasse. Albina si accingeva a
preparare il caffè quando Giuseppe ha aperto il portone di casa, ancora con i
calzoncini corti addosso, e si è ritrovato davanti Giovanni Calenzo. In quel
momento non si è capito più nulla. Giovanni pare fosse intenzionato a colpire
Albina ma Giuseppe si è posto davanti impedendoglielo. Le urla laceranti della
donna e il vano tentativo di salvare Giuseppe, ha cercato di strattonare con
forza il tavolo per bloccare Giovanni colto da raptus ma il tavolo per fatalità
è tornato indietro colpendola all’addome. E poi l’arrivo di Debora, il
tentativo del marito di fermare l’uomo. Giuseppe giaceva ormai esamine a terra.
Quando sul posto sono giunti i carabinieri non c’era più nulla da fare per l’autista
cellolese. L’ambulanza chiamata per soccorrerlo, alla fine ha prestato soccorso
a Giovanni Calenzo, lui stesso ferito al ginocchio. Oggi di quei momenti
tremendi resta solo l’amaro ricordo ed il dolore per Albina di aver perso un amico,
un compagno, sempre pronto a proteggerla, a difenderla da una vita difficile,
di dolori immensi, di perdite. Giuseppe Capraro rappresentava per Albina il
raggio di sole nei giorni bui, la speranza di un futuro migliore. Perché era
loro intenzione trasferirsi altrove, a settembre. Progetti, speranze, tutto
finito. Ora resta solo il desiderio di giustizia, forte nel cuore di Albina,
come è forte nel cuore dei figli di Giuseppe che non riescono a darsi pace,
come tutti coloro che lo hanno conosciuto e amato. Resta ancora nella mente il
suono dei clacson dei pullman, l’ultimo saluto all’autista buono.